Shintoismo, Buddismo e il mio primo tentativo con lo Zen
La fuga da Tokyo e una caccia al tesoro
Ciao!
Come va? In questo momento ti scrivo da Kamakura, una città della prefettura di Kanagawa, in Giappone. È una località famosa per la sua ricca storia, è stata infatti una delle principali capitali politiche del Giappone durante il periodo Kamakura (1185-1333), e per la sua importanza durante l’introduzione del buddismo zen in Giappone.
Come sono finita qui è una breve lunga storia. Dopo un primo atterraggio a Tokyo, città che mi ha restituito sensazioni diverse, ho iniziato a orientarmi per realizzare uno dei desideri più importanti che avevo per il mio viaggio in Giappone: provare l’esperienza di un zazen kai, una sessione di meditazione Zazen guidata da un monaco buddista in un tempio. Perché avevo questo desiderio? Ce l’ho fatta? Come è andata? Provo a raccontarti tutto questo, partendo da un piccola introduzione storica su shintoismo e buddismo, le due più importanti religioni del Giappone, perché il contesto conta.
Lo Shintoismo, in breve
Le radici dello shintoismo possono essere ricondotte alle pratiche animistiche e al culto della natura dei primi abitanti del Giappone (circa 14.000-300 a.C.). Si basa sulla venerazione dei kami (divinità o spiriti) che si ritiene abitino negli elementi naturali, negli oggetti e in luoghi particolari. Il termine Shinto significa "via degli dei" (神道, Shintō). Non ha fondatori specifici, testi sacri o dogmi rigidi, ma esistono documenti storici e mitologici importanti come il Kojiki (Cronache degli Antichi Avvenimenti) e il Nihon Shoki (Cronache del Giappone), che contengono miti, leggende e genealogie di kami. Le pratiche shintoiste sono intrecciate con la vita quotidiana e con le tradizioni culturali giapponesi, come i matrimoni, le festività e vari riti di passaggio, e includono cerimonie per onorare i kami, come i matsuri (festival).
Il Sanja Matsuri, che si tiene a Tokyo a maggio, è uno dei più grandi e famosi: celebrato annualmente nel quartiere di Asakusa, questo evento di tre giorni onora i tre fondatori del famoso tempio Sensō-ji, che sono diventati kami del santuario Asakusa Shrine. Il punto centrale del festival sono le processioni di circa cento mikoshi (santuari portatili), trasportati per le strade da partecipanti che indossano abiti tradizionali e cercano di scuotere energicamente il santuario per "risvegliare" i kami e ottenere le loro benedizioni. Io e Fabio ci siamo stati, agevolo diapositiva di esempio, non pubblico le foto con inquadrature integrali dei perizomi maschili se no mi bannano, diciamo solo che ho visto più culi di quanti avrei voluto. È una bella festa.
Il Buddismo, e come è arrivato in Giappone
Il buddismo arrivò in Giappone nel VI secolo d.C., portato dai monaci e dai diplomatici coreani della dinastia Baekje. La corte imperiale giapponese dell’epoca accolse il Buddismo per diverse ragioni: rafforzava le relazioni diplomatiche con questo stato coreano, che era un alleato strategico contro altre potenze regionali, come il regno di Silla e il regno di Koguryo; portava con sé un vasto corpus di conoscenze, inclusi testi sacri, arte, architettura e tecniche di costruzione avanzate, quindi era visto come un modo per elevare il livello culturale e tecnologico del Giappone; avendo già una forte presenza in Cina, un modello di civiltà che il Giappone ammirava e con cui voleva essere associato, accettare il buddismo significava anche allinearsi con il prestigio culturale cinese.
Il principe reggente Shōtoku, uno dei leggendari saggi del Giappone, era poi un grande sostenitore del buddismo, in cui vedeva un mezzo per promuovere valori etici e morali che potevano stabilizzare e moralizzare la società giapponese. La sua famiglia, giapponese di origine coreana - il clan Soga - riteneva che il sistema monastico buddista potesse fornire una struttura per l'educazione e la conservazione del sapere, di cui il Giappone aveva bisogno. In effetti, i monasteri divennero centri di apprendimento e di diffusione culturale. I rituali buddisti e le preghiere per la prosperità trovarono molta adesione nel clan anche come potenti strumenti per proteggere lo Stato e la famiglia imperiale.
Il Buddismo tra religione e filosofia
Il buddismo è spesso considerato sia una religione sia una filosofia. La definizione può variare a seconda del contesto e della prospettiva da cui viene osservato.
Come religione, comprende una serie di pratiche rituali, cerimonie e pratiche di devozione che variano tra le diverse tradizioni (Theravada, Mahayana, Vajrayana…), ma che in genere includono preghiera, venerazione di reliquie, recitazione di sutra, meditazione e offerte ai monaci e ai Buddha.
Il termine Buddha si riferisce a un essere che ha raggiunto lo stato di illuminazione, o bodhi, che ha quindi superato la sofferenza e l'ignoranza. Il Buddha più noto è Siddhartha Gautama, conosciuto come Gautama Buddha o semplicemente il Buddha. Tuttavia, il Buddismo riconosce molti altri Buddha, ciascuno con la propria storia e i propri devoti (sono questi Buddha che vengono venerati come figure divine e fonti di ispirazione spirituale, i buddisti non credono in un Dio Creatore dell’universo e dell’uomo).
La religione buddista ha una vasta comunità di fedeli diffusa in tutto il mondo - circa il 7% della popolazione globale è buddista, ma sono soprattutto in Asia1.
Come filosofia, il buddismo si basa sugli insegnamenti di Siddhartha Gautama che riguardano la natura della sofferenza (dukkha), la sua origine, la sua cessazione e il percorso per raggiungerne la fine (Nobile Ottuplice Sentiero). Si tratta sostanzialmente di un approccio pratico alla vita, con il fine di condurre un’esistenza capace di migliorare la condizione umana, attraverso la comprensione profonda di valori e regole etiche. La filosofia buddista non richiede una fede cieca, ma incoraggia la verifica personale e l'esperienza diretta. La meditazione ne è una componente centrale, utilizzata per sviluppare la consapevolezza, la concentrazione e la saggezza.
Il Buddismo Zen
Una delle scuole buddiste più importanti in Giappone, con radici nel buddismo Ch'an cinese, è il buddismo Zen, emerso nel Periodo Kamakura, 1185-1333, insieme ad altre scuole. Se ne possono ritrovare le influenze in molti aspetti della cultura giapponese, a partire dalla classe guerriera dei samurai fino a molte espressioni artistiche del Giappone, dalla cerimonia del tè, alla pittura, alla poesia.
La meditazione Zazen è il fulcro del buddismo Zen. Zazen significa letteralmente "meditazione seduta" ed è una pratica di meditazione che si esegue stando seduti in una posizione specifica, concentrandosi sulla postura, la respirazione e il "qui e ora", cercando di non attaccarsi ai pensieri che sorgono.
Le scuole principali del Buddismo Zen che praticano Zazen sono Rinzai e Sōtō. Nella scuola Sōtō, l'enfasi è sul semplice stare seduti (shikantaza), senza oggetto specifico di meditazione. Nella scuola Rinzai, i praticanti possono usare i koan (paradossi o domande zen) come oggetto di meditazione.
Meditazione Zen e Yoga
La meditazione nello Zen e la meditazione nello Yoga condividono alcune strabilianti somiglianze, oltre a significative differenze derivanti dalle loro diverse origini culturali e filosofiche - il che non stupisce se pensiamo che Siddhartha Gautama nacque nel V secolo a.C. nella regione di Lumbini, che si trova attualmente in Nepal, vicino al confine con l'India. Si tratta di un’epoca che fu di grande fermento spirituale per l’India, in cui varie correnti di pensiero filosofico e pratiche ascetiche, incluse diverse scuole di yoga, sono nate o si sono diffuse. Il Majjhima Nikaya, una raccolta di discorsi attribuiti al Buddha, contiene descrizioni dettagliate delle pratiche ascetiche e yogiche che Siddhartha Gautama seguì prima di raggiungere la famosa illuminazione sotto l'albero di Bodhi, attraverso una meditazione profonda.
Anche per questa connessione, vista la mia passione per lo yoga, uno dei desideri che avevo per il mio viaggio in Giappone era quello di provare, appunto, l’esperienza di un zazen kai.
Durante un zazen kai, che ha luogo in un tempio, i partecipanti si siedono in silenzio e meditano, seguendo la guida di un monaco esperto. L'obiettivo del zazen è avvicinarsi a una maggiore consapevolezza e comprensione della natura della mente e della realtà.
Ho quindi spedito - con un certo anticipo sul viaggio per la verità - una serie di richieste di informazioni via email a diversi contatti di templi, con la speranza che qualcuno mi rispondesse. È così che ho conosciuto il monaco Daigo Ozawa.
La Caccia al Tesoro
Daigo Ozawa da febbraio 2019 è l’abate principale del Tempio Tokozenji a Yokohama, uno dei più antichi templi Zen Rinzai2 in Giappone. Oltre ad avere una formazione monastica Zen di quattro anni e mezzo presso il monastero Kenninji a Kyoto e il monastero Kenchoji a Kamakura, ha studiato Sviluppo Internazionale in Europa (presso l'Istituto di Studi Sociali ISS dell'Aia) e ha lavorato come ricercatore per l'Agenzia di Cooperazione Giapponese e il Ministero degli Affari Esteri. Durante il Covid è stato particolarmente attivo nel rendere sessioni di meditazione Zazen accessibili online via Zoom a persone da tutto il mondo.
E comunque, mi ha risposto alla mail.
Daigo-san mi propone di partecipare a una sessione di training di meditazione zazen in inglese, progettata per avvicinare praticanti internazionali. Non mi sembra vero. Non faccio tanto caso al fatto che la mail è piuttosto scarna quanto a informazioni, mi dice solo “giovedì al tempio alle 13:30”, e io me lo faccio bastare. Con una certa dose di soggezione sono determinata a saltarci fuori da sola, senza disturbare ulteriormente - totally me. Se l’abate principale del tempio Tokozenji ti dice di andare al tempio, sarà il tempio Tokozenji, no? Poi mi è andata bene che l’appuntamento è alle 13:30, ho tutto il tempo, da Shinjuko (!), per arrivarci con calma e studiare il posto.
Il Tempio di Tokozenji è un antico tempio Zen nell'area di Yokohama, vicino a Kamakura, a sud di Tokyo. Fondato intorno all'anno 1200, è uno dei templi più antichi della scuola Rinzai del Buddismo Zen in Giappone. Figata! Da casa a Shinjuko sono massimo due ore di treno, parto con quattro ore di anticipo3 così faccio in tempo a sbagliare strada, perdere coincidenze e arrivare comunque in tempo per farmi un giro prima dell’inizio della sessione. Perfetto.
Esco di casa alle 9:30 e comincio la traversata. Tutto sommato me la cavo piuttosto bene, scelgo di camminare l’ultimo tratto invece di prendere un autobus, e arrivo al tempio alle 12:30. Mi avvicino all’ingresso un po’ timorosa, noto un gruppo di persone serie in abito scuro, penso “scena da un funerale”, ma cerco di superare l’imbarazzo e con tutto il rispetto e la riverenza che so esprimere con il corpo muto in movimento supero l’ingresso - sì sembravo un ladro - e incontro quello che sembra e si comporta come un portinaio. Lui è sorridente, mi fa un inchino, io anche, io ripeto la parola “Zazen” con tredici sfumature di tono per cercare contemporaneamente di affermare perché sono lì e di chiedere se sono nel posto giusto. Lui mi risponde con un bel “HAI!” entusiasta e io - “HAI!” - lo prendo come una conferma. Mi invita a entrare. Oltrepasso il piccolo ingresso e arrivo in giardino. Luogo intimo, incantevole, umano, immerso nel verde con proporzioni vivibili. Lacrimuccia.
Arrivo davanti alla vera e propria porta del tempio, mi fermo sulla soglia, mi guardo intorno, sembra non esserci nessuno. Poi sento un passo svelto e dondolante, mi volto e vedo un vecchietto basso ma con le gambe lunghe, la barba bianca lunga, gli occhiali e una tenuta da scalatore, arrampicarsi su per le scale. Sembra non notarmi fino all’ultimo gradino, poi solleva lo sguardo, mi vede e mi dice “Konnichiwa”. Io gli rispondo prontamente “Konnichiwa” con l’inchino più profondo che riesco a fare, ma lui è già andato per la sua strada. Comincio quindi a fare quello che fa lui: mi tolgo le scarpe, le sistemo in una scarpiera nel portico e lo seguo dentro al tempio.
Atmosfera incredibile, tutto bellissimo, mi batte forte il cuore, sono felice.
Il vecchietto, molto a suo agio, si spoglia quasi completamente in un angolo del tempio, in calze a maglia e mutandoni si infila dentro un jinbei, poi si siede in posizione di meditazione. Io non mi spoglio, ma per il resto sono la suo ombra: mi siedo e medito.
Passano i minuti, non guardo l’orologio, cerco di fare in modo che la mia presenza si avverta il meno possibile. Sto bene. A un certo punto arriva una giovane donna giapponese con un po’ di tappetini da yoga sottobraccio, entra scalza, ci saluta, e comincia a posizionare i tappetini nella stanza, come se niente fosse. Strano, penso. Ma che ne so io? Continuo a (fingere di) meditare, mentre tengo gli occhi socchiusi per capire cosa sta succedendo. Quando i tappetini sono posizionati come se stesse per iniziare una classe di yoga, lei si siede dove si siederebbe l’insegnante e appoggia un foglio e una scatola sul pavimento davanti a sé. Il vecchietto si alza, va lì, firma il foglio e lascia dei soldi nella scatola. Io prontamente (!) mi alzo, prendo dei soldi dalla mia borsa, mi avvicino alla scatola e a questo punto i due non ce la fanno più a ignorarmi, scoppiano in un boato linguistico con un’intonazione concitata e allegra che sostanzialmente recepisco come “Ehi no aspetta, cosa fai? Tu chi sei? Che c’entri, che ci fai qui?”. Inizia un siparietto esilarante dove proviamo a fare una conversazione. Con un mix di versetti, gesti e parole chiave, sfoderando il traduttore, riusciamo a comunicare: sta per iniziare una lezione di yoga, non è prevista una sessione di meditazione con il monaco, sono nel posto sbagliato. Gosh!
Incasso il colpo, ma senza riuscire a essere davvero triste per il fraintendimento perché la situazione è davvero buffa.
Provo a smanettare con Google Maps per cercare di capire come è potuto succedere, provo a fare vedere ai due la mail di Daigo Ozawa, anche se è in inglese, per capire dove devo andare, e questi hanno un’illuminazione: “KENCHOJI, KAMAKURA!”. Facile, no? No:
Bene ma non benissimo, anche perché ormai sono le 13:15. Grazie all’aiuto del vecchietto, che mi chiama un taxi al telefono - un grande! - parto poco dopo per cercare di catapultarmi da Tokozenji a Kenchoji, ma è comunque mezz’ora di macchina, e in Giappone essere in orario significa arrivare almeno dieci minuti prima - se già di mio odio essere in ritardo, ti lascio immaginare come potrei prendere il fatto di essere in ritardo in Giappone. I conti non tornano, mando una mail scusandomi, ma ovviamente non è che i monaci stanno lì attaccati a gmail con la FOMO e la zero inbox mania. Va be’, che devo fa’? Cerco di prenderla con filosofia e mi faccio portare all’ingresso del tempio, con l’idea di fiondarmi dentro e provare a spiegare il malinteso - tanti auguri a me. Varco il cancello di ingresso.
Lo vedi il pallino rosso? Ecco, io sono lì.
Non vorrei darmi per vinta, ma quanto è grande questo posto? Dove cavolo devo andare? Quanto tempo ci metto? Chiedo in reception, perché Kenchoji è tipo uno dei templi Zen più importanti di tutto il Giappone, al centro di un complesso tra giardino e altri edifici storici che da solo è di quasi 5 kmq, quindi è anche un’attrazione turistica. Quando dico le solite parole chiave: “Daigo Ozawa, Zazen”, la persona punta il dito al centro di questa cartina, dove ci sono circa tre strutture con decine di sale, e non aggiunge altro. Al che capisco che è finita, sono già le 13:45. Già che sono lì, ovviamente entro.
In questo luogo di pace, silenzio, verde, fiori e uccellini mi sembra stupido correre. Sono dentro a un giardino zen, for real. Guardo le piante, lo specchio d’acqua, i sentieri che salgono su per una collina e mi sento in pace. Inutile arrivare trafelata, comunque troppo tardi. Comincio a farmi una passeggiata, e a godermi questo posto immenso e stupendo, elaborando l’idea che non ce l’ho fatta - cosa che, da sola, normalmente, sarebbe capace di mandarmi in pezzi. Invece no. Con la calma e la tranquillità che solo quasi un’ora di meditazione a Tokozenji poteva darmi, accolgo questo epic fail pacificamente, senza insultare niente e nessuno, e comincio a salire una lunga scalinata.
…In the next episode
Ok, questa email è già troppo lunga. Concedimi un cliffhanger. Che cosa sarà successo dentro al tempio di Kenchoji? Sarò riuscita a incontrare Daigo Ozawa? Perché non mi ha dato un indirizzo? La ricerca del tempio dove fare meditazione zen è essa stessa meditazione zen? Tutto questo nel prossimo episodio di Kundalini Beat. [TUDUM]
Attualmente, ci sono circa 520 milioni di buddisti nel mondo, che rappresentano circa il 7% della popolazione globale. La maggior parte di questi buddisti risiede in Asia, con significative popolazioni in Cina, Thailandia, Giappone, Birmania (Myanmar) e Sri Lanka. La Cina da sola ospita quasi la metà della popolazione mondiale di buddisti, con circa 244 milioni di fedeli. Curiosità: in termini di proiezioni future, si prevede che la percentuale di buddisti rispetto alla popolazione mondiale diminuirà leggermente nei prossimi decenni, in parte a causa dei bassi tassi di fertilità tra i buddisti e delle dinamiche di conversione religiosa (pewresearch).
La scuola Rinzai, insieme alla scuola Sōtō, è una delle due tradizioni Zen più importanti in Giappone. Il Rinzai Zen si caratterizza per il suo approccio rigoroso e diretto alla pratica della meditazione, spesso utilizzando i "koan" – brevi paradossi o enigmi che i praticanti devono contemplare per trascendere il pensiero logico e raggiungere una comprensione diretta della realtà.
Yes, I’m that kind of person, odio essere in ritardo.
ahhaha dai aspettiamo con ansia il prossimo articolo!
Stamattina ho seguito una lezione sul buddhismo delle origini, stasera apro la tua mail e zac, il tema affine: bellissimo!