Nel 2012 sono tornata a Milano dopo un periodo di cure nel reparto di oncologia ed ematologia del policlinico di Modena, dove ho trovato un’équipe di persone straordinarie che mi ha salvato e tenuto a galla in uno dei periodi più difficili della mia vita. La guarigione è un viaggio complesso che, se tutto va bene, inizia quando finiscono le cure. Non è solo un ritorno alla salute, ma un processo di profonda trasformazione che coinvolge tutte le dimensioni dell’essere umano. È un percorso che costringe a riconoscere e affrontare le radici emotive e in qualche modo spirituali del malessere e invita a coltivare una consapevolezza diversa per affrontare il futuro.
Era aprile, c’era il cielo azzurro e io ero con mia madre nel quartiere Isola. La Torre Unicredit era stata inaugurata da poco, il Bosco Verticale non esisteva ancora. Stavamo cercando il numero civico di una piccola via davanti al parco della chiesa, Santa Maria alla Fontana. A mia madre piaceva perché il verde e la chiesa le ricordavano l’Appennino, ma eravamo spaesate: due sopravvissute a un naufragio in cerca di rifugio dopo aver toccato terra. Distrutte, incredule, felici.
Quando il conto alla rovescia è finito, abbiamo pensato di aver sbagliato qualcosa. Ci siamo trovate davanti a una vetrata oscurata, non si vedeva nessuno, ma sembrava ci fossero delle persone dentro, c’era un silenzio vivo. Dalla porta si intravedevano il pavimento di legno e una fila di scarpe abbandonate, tutte diverse, colorate. Un’immagine che, senza capire bene di che cosa si trattasse, ci ha messo subito allegria. Il portone giusto era quello accanto, ci avrebbe condotto a quella che è stata la mia casa per i successivi dodici anni, prima che la svuotassi e partissi per l’Asia otto mesi fa. La sala con quelli senza scarpe era il centro yoga di Tess, al piano terra del mio condominio.
Tessa Privett è una creatura meravigliosa, con una luce magica, trasmette energia solo a guardala. Le lezioni di yoga del suo centro, il LotusPocus di Milano, mi hanno cambiato la vita, non solo per le ore di pratica condivise, ma anche per i consigli di lettura, il commento agli Yoga Sutra di Patanjali, la sua interpretazione della Bhagavad Gita, il suo modo ironico e sempre originale di leggere la quotidianità della vita milanese attraverso la filosofia dello yoga.
Dagli aneddoti che usa a lezione per spiegare, in modo leggero, concetti molto profondi, a volte si aprono dei piccoli siparietti sulla sua vita privata, che coinvolgono le sue figlie e suo marito Valerio, maestro di Tai Chi e Qi Gong nello stesso centro. Sono racconti a cui ti affezioni subito, ricchi di amore e allegria. Negli anni ho accumulato molti di questi aneddoti e li porto nel cuore, si possono in parte ritrovare nel suo podcast o nella sua newsletter,
, che ti consiglio caldamente di seguire.Io dall’Italia sono partita, Tess ci è arrivata. Le ho chiesto quindi se potevo farle qualche domanda per raccontare la sua storia di expat. Nonostante sia una persona che non ama attirare l’attenzione su di sé, ha vinto la sua discrezione e ha accettato. Ecco l’intervista.
Intervista a Tess Privett
D: Grazie Tess per avere accettato questa intervista! Sono molto emozionata. Comincerei dalla tua “storia geografica”. Sei nata in Sud Africa, cresciuta in Inghilterra e vivi in Italia. Che rapporto hai con le tue origini e come sei finita a Milano?
T: Grazie a te Daria, è stata una gioia per me seguire il tuo percorso e ricordare quando hai iniziato lo yoga, con tanta dedizione, concentrazione e curiosità. Sono cose che agli insegnanti provocano una grande soddisfazione! Spero che andrai avanti così. Sì io sono cresciuta a Canterbury, in Inghilterra, ma sono nata in Sud Africa, dove ho trascorso i primi sei anni della mia vita, un fatto che provo spesso a nascondere. Non ne vado fiera per il passato politico del Sud Africa.
D: Come ti ha influenzato quell’esperienza?
T: Mi viene in mente la mia nonna paterna, con la quale ho vissuto a Durban negli anni Settanta. Era una donna stupenda, calorosa, colta, piena di amore e generosità, ma… Era anche razzista - scusami per la pesantezza. Mi dirottava quando tentavo di giocare con un’altra bambina, perché era nera. Mia madre, al contrario, era una hippy londinese che lottava contro le ingiustizie, una volta è stata persino arrestata per aver tentato di proteggere un uomo, nero, dai calci di un poliziotto in un parco. Ma è la nonna che, senza saperlo, mi ha insegnato una lezione fondamentale: posso amare e apprezzare delle persone che hanno idee completamente diverse dalle mie. Nel clima politico attuale, me ne devo ricordare.
D: Come è entrata l’Italia nella tua vita?
T: A 20 anni, dopo aver provato in prima persona “Come sbagliare il proprio Dharma alla massima potenza” (ho studiato Business and Finance in un college), io e una mia amica abbiamo intrapreso un anno di interRail in giro per l’Europa. Ci siamo fermate da una coppia di inglesi, suoi conoscenti, che si erano trasferiti nel Chianti. Ci hanno ospitate nonostante avessero un neonato. Mi sono subito offerta di tornare dopo qualche mese come au pair per l’estate. Non sono mai più tornata nel Regno Unito (almeno non per vivere).
D: Che cosa ti ha attratto dell’Italia e che difficoltà hai incontrato in questo paese?
T: Oggi alla parola genio associamo un individuo talentuoso, ma nella Roma Antica veniva usato per descrivere un luogo. Genius Loci era un territorio protetto da un spirito, una location imbevuta da qualcosa di magico. Ecco, in Italia ho trovato tanti di questi Genii Loci. La Toscana (my first port of call!) per me ne è piena. Badia a Coltibuono, La Volpaia, Greve in Chianti, le colline Senesi. Poi ho scoperto le vostre montagne, il vostro mare, i laghi… Siete molto viziati geograficamente! Forse all’inizio sono stata attratta dall’Italia sopratutto per i Genii Loci.
Ma poi sono rimasta per voi, voi italiani. Vi adoro. A tal punto che ne ho sposato uno e partorite due! Fate fatica a vedere la vostra generosità, il calore, la gentilezza, il senso di comunità. Già immagino il lettore che fa subito subentrare la voce critica – “ma di chi sta parlando?!” ...Siete sempre pronti a schermare il buono che c’è in voi. Almeno, gli italiani nei luoghi in cui abito e abitavo, parlo di quello che ho vissuto. Certo, potrei elencare il negativo... La politica, la burocrazia, il trattamento degli immigrati, eccetera... Ma sto parlando di voi come individui.
Difficoltà? A 21 anni dopo il mio stint come babysitter, badavo da sola a una villa antica con chiesa sconsacrata in mezzo a un bosco. La Nunziatina, si chiamava. Senza macchina, senza corrente, senza riscaldamento, niente acqua calda, telefono, cellulare... Non per via della mia propensione da yogi o per il desiderio di voler sperimentare la vita da eremita, ma perché non avevo un soldo. In quel modo, ero riuscita a ottenere un alloggio gratuito e lavoravo, facevo la vendemmia e altri lavoretti. Gli italiani, quando sentono questa storia, si immaginano sempre che quello sia stato il momento per me più faticoso, ma in realtà non è così… Non era difficile quel periodo lì, il difficile è adesso: quest’era iper-tecnologica. I social media, ad esempio, per me sono una forma di self-harm, la tecnologia che abbiamo sempre a portata di mano, come gli smartphone, ha reso la vita più complessa. Vivere senza niente era facile, una vera gioia. Ma si può scegliere di tornare alla semplicità, almeno io ci sto provando.
D: Come?
T: Vorrei passare sempre più tempo a contatto con la natura - in particolare nell’orto! - per questo stiamo ristrutturando un vecchio stabile in Val D’Ayas. Lì c'è proprio un altro ritmo e sento un forte richiamo in quella direzione. Spero che quando sarà pronto le persone verranno a trovarci, per praticare insieme yoga, ma anche Tai Chi e Qi Gong (mio marito è maestro), ma non è lo scopo primario. Per adesso, proviamo a finire i lavori, in corso da ormai due anni, poi si vedrà. Per darvi un’idea, non abbiamo né le finestre, né i bagni! La strada è ancora lunga! Chi vuole vedere come procede questa nostra follia, può andare sul mio Substack sotto la sezione Love Letter to Italy
D: Sei diventata da poco cittadina italiana. Come è stata questa esperienza?
T: Prendere la cittadinanza è stato difficile! Ci ho messo più di 20 anni. Abbiamo celebrato con un street party pieno di amici, allievi e giovani (amici di mia figlia) che suonavano e cantavano canzoni italiane. Abbiamo, giustamente, ballato il liscio. Prendere la cittadinanza è stato un po’ come la battaglia di Arjuna nel campo di Kurukshetra1. Non immaginavo di uscirne viva, ma dovevo tentare a tutti i costi. Poi Brexit mi ha dato la motivazione e la spinta finale per insistere. Quest’anno per la prima volta ho guardato Sanremo. Mi sembrava ormai giusto, se non obbligatorio! Quasi mi vergono ma devo dire... Mi sono divertita!
D: Sei decisamente italiana a tutti gli effetti! Grazie a te, Arjuna per me è stato quasi un compagno di banco, anzi, di tappetino. Che cos’è per te lo yoga? Come lo hai scoperto, che cosa ti ha conquistata, quali persone sono state importanti in questo tuo percorso?
T: La suocera! Tutto quello che faccio oggi è grazie sopratutto a lei. Mi aveva proposto, mi sembra nel 1999, di provare insieme una settimana intensiva di stage di Hatha Yoga, in Toscana, tenuto da Beatrice Calcagno. Non sapevo bene neanche che cosa fosse lo yoga. Ho scoperto lì lo yoga posturale: rimanendo ferma nelle posizioni ho avuto l’esperienza descritta da Pico Iyer, scrittore anglo-indiano: “Sitting still is a way of falling in love with the world and everything in it”2. Mi stavo innamorando e volevo capire esattamente cosa stava accadendo, il perché… Avevo fame di conoscenza, volevo sapere di più. Trovavo frustrante che quell'esperienza fosse confinata (lo era inizialmente) a quel rettangolo di gomma che era il mio tappetino e a quella finestra spazio-temporale della classe. Volevo capire se fosse possibile allargare quell'esperienza all’infuori, sempre e ovunque. Questo è stato l’inizio del mio percorso.
Dopo quello stage, sono tornata a Milano e ho cominciato a praticare con Beatrice, al suo centro, il Centro Yoga Bhadrà, tre o quattro volte alla settimana per circa tre anni, poi ho seguito un corso di formazione.
Altre persone importanti sono state il mio father-in-law, che mi ha sconsigliato di intraprendere iniziative di business poco in linea con il mio dharma, insistendo che dovevo assolutamente insegnare; mio marito, per essermi stato accanto e avermi dato il supporto per aprire un mio centro (adesso il nostro). Ovviamente Beatrice Calcagno, per aver acceso quella scintilla. E Edwin Bryant, per averci soffiato sopra, portando la mia pratica su un piano più spirituale. Poi le mie figlie che mi hanno insegnato tanto - soprattutto... Accettazione e surrender!
D: Hai parlato di tua suocera anche raccontando della tua esperienza con la meditazione zen3, non sembra la tipica suocera dell’immaginario italiano!
T: Dopo aver letto quell’articolo, Lia (mia suocera) mi ha risposto con questo bellissimo messaggio, che è emblematico di che persona sia:
“Cara Tessa, sono la tua mother-in-law (la parola suocera non mi piace), che ti ha trascinato all’esperienza della meditazione zen. Anche per me era la prima volta, ma io facevo yoga già da qualche anno e riuscivo meglio di te a star seduta nella posizione del loto, anche se le meditazioni yoga non duravamo più di 15 minuti e invece, come non hai ricordato, quelle zen erano di ben 45 minuti l’una! Quindi anch’io ho sofferto con le ginocchia. Ricordo benissimo la tua reazione, ma tu forse non ricordi la mia. Io ero riuscita a stare concentrata e ferma più di te, perciò non avevo ricevuto la bastonata, ma, alla fine della sessione, il maestro mi disse: ‘Tu non hai meritato la bastonata perché mi sei sembrata sempre presente alla meditazione, ma io la bastonata te la do ugualmente perché ricordati, nella vita, anche quando non si meritano, arrivano delle bastonate ingiuste.’ E così dicendo mi diede una bastonata sulla spalla destra e una su quella sinistra! Me le ricordo bene perché sulla destra mi rimase un bel livido per un po’. Successivamente, mi è successo di partecipare ad altre meditazioni zen, ma, forse perché la maestra era una donna, il bastone non era previsto. Ciao, un bacione! Lia”
D: Fantastica Lia! Grazie. Ci sono tanti modi di vivere lo yoga e la meditazione, tante sfide tra approcci tradizionali e contemporanei, orientali e occidentali. Come hai trovato il tuo?
T: Con fatica e pazienza. Quando ho cominciato Yoga, circa 25 anni fa, non c’era molta informazione a portata di mano riguardo la filosofia dello Yoga, non sapevo neanche della sua esistenza inizialmente. Quando chiedevo di tradizione o filosofia indiana venivo sempre indirizzata verso il Buddismo (che non fa parte dei sei darshan della filosofia Indiana - anche se ha tanto in comune con lo Yoga) e così i pochi centri/ritiri e insegnanti che proponevano la meditazione, praticavano Vipassana, o Mindfulness. Che va bene, non mi sto lamentando! Ma solo molto più tardi, quando ho scoperto gli Yoga Sutra di Patanjali, la Bhagavad Gita, grazie a un incontro fortuito con Edwin Bryant, ho cominciato a indirizzarmi verso la meditazione dello Yoga Classico - cioè japa meditazione. Per me era un modo di introdurre un elemento devozionale nella mia pratica. Un modo per ringraziare (e avere fiducia in) una tradizione specifica.
Sai, un uomo spirituale che adoro, John O’Donohue (era uno scrittore e poeta irlandese) diceva: “Il silenzio richiesto dai Buddisti è anonimo”. Ecco, per me la meditazione Yogica, invece, è intima… Include un elemento ulteriore, il rapporto con un elemento divino, che Patanjali chiama “Isvara”. Swami Brahmananda diceva: “The breeze of God’s grace is eternally blowing, merely set the sail of your mind to catch it”4. Ecco la meditazione mi aiuta con questo. Non è, come prescrivono i Buddisti, uno “svuotare la mente”, per me è più un riempire la mente… Con il divino. Non c’è una meditazione giusta o sbagliata vorrei sottolineare - japa meditazione è semplicemente più nelle mie corde.
D: Come e quando è nato il centro Lotus Pocus?
T: Come per tanti insegnanti, ho iniziato con la fatica di girare la città in bici come una trottola, facendo lezioni private a domicilio. Poi ho affittato una stanza dove ho iniziato con circa 15 persone, e dopo, nel 2008, ci siamo buttati nell’impresa di aprire un nostro piccolo (primo) centro.
D: Le insegnanti del tuo centro sono molto speciali, sono tutte diverse eppure hanno tutte qualcosa in comune. Come le trovi, come le scegli?
T: Vado molto fiera delle mie insegnanti. E del fatto che chi entra a fare parte del mio team, tende a restare. Ottimo per gli allievi avere un punto di riferimento fisso nel tempo.
Come li scelgo…. Mai da un email. Spesso ricevo curriculum da potenziali insegnanti, inutilmente. Ci sono principalmente due modi che mi aiutano a scegliere. Il mio metodo preferito è di avere i miei insegnanti prima come allievi. Vorrei vedere come si pongono, come si muovono, il vibe che danno, se e come si comportano con gli altri. Non mi interessa quanto siano flessibili, se riescono a fare asana difficili… Scelgo chi fa questo mestiere full time. Questo per me è un’indicazione di dharma. Poi preferisco persone con almeno un paio di anni di esperienza nell’insegnamento.
Il mio secondo metodo preferito è affidarmi all’opinione di miei allievi storici. Conoscono bene la qualità dell'insegnamento che richiedo a Lotus, sanno cosa cerco, che il nostro è un posto un po’ speciale, non ci sono insegnanti che vanno e vengono. Sono insegnanti seri. Quando qualcuno di cui mi fido ciecamente mi parla molto bene di un insegnante provato altrove, e ho bisogno, mi butto. Anzi butto la povera ragazza o ragazzo nella mischia, chiedendogli di insegnare subito una lezione, per vedere come reagiscono i nostri allievi più “fedeli”. La prima lezione appositamente evito di esserci, perché questo può mettere a disagio. Dopo un po’ mi infilo anche io come allieva e do feedback (spero constructive!).
Quello che non cerco è un mio clone. Mi piace che ogni insegnante abbia la sua impronta, diversa dagli altri, così offre ai nostri allievi qualcosa che non possono ottenere da me. Ogni insegnante ha qualcosa di speciale, unico da offrire, mi sembra un peccato limitarsi a uno solo.
D: Le tue lezioni hanno sempre un momento di riflessione filosofica sulla vita contemporanea, letta attraverso grandi classici e ricerche scientifiche - molto raro da trovare in Italia! Ho sempre avuto l’impressione, come tua allieva, di avere davanti a me una porticina socchiusa che invitava tutti ad andare oltre. Tra Tess insegnante di yoga e Tess studiosa ci sono delle differenze? Che cosa porti a lezione e che cosa nella tua pratica personale?
T: Grazie per questo commento. Anche se mi ha fatto un po’ sorridere la domanda! Perché io non mi vedo come studiosa. Anzi! Sono d'accordo con Hannah Arendt5, che era molto scettica verso chi si dichiara “learned”, verso chi ha dedicato anni e anni alla carriera universitaria, perché lei ha visto con orrore e disappunto alcuni degli uomini più studiosi commettere gli errori più gravi della storia. Non aveva tanta fiducia.
Trovo interessante che le persone più learned, istruite, guadagnino più facilmente rispetto e ammirazione nella nostra società. Non dico che non abbiano dei meriti, ma che il livello di istruzione è un measuring stick poco affidabile, poco indicativo, di chi è un decent human being.
Man mano che mi inserisco nella comunità di montagna, noto la saggezza e l’equilibrio (una delle definizioni dello Yoga tra l’altro) di chi lavora ancora la terra, dei contadini, di chi vive in sincronia con le stagioni e con poco, chi da un ettaro di terreno riesce a recuperare un pasto. Queste sono le persone che mi ispirano.
Allora perché studio tanto, mi chiedi? Be’, il prossimo anno avrò 55 anni. Non ho tempo per imparare solo dai miei errori, mannaggia. Devo pescare da quelli degli altri, il tempo corre. Quello poi che mi risuona, quello che mi offre illuminazioni riguardo il nostro human predicament6, lo condivido nelle mie lezioni dando un piccolo tema all'inizio della pratica. Soprattutto dal mondo dello Yoga Classico, ma pesco anche dalla scienza di oggi, dalla psicologia, dalle diverse religioni, dai classici, dalle donne e uomini spirituali che hanno percorso questa strada prima di me, dai tempi lontani e anche nell'era moderna. Sono aperta a tutto quello che mi porta avanti nel percorso e che mi accende. Voglio condividere questo con i miei allievi.
D: Nei tuoi aneddoti filosofici entrano anche spaccati famigliari: come vi siete conosciuti tu e Valerio? Come è nata la vostra storia?
T: Al mitico “Bar Dante”, a Radda in Chianti! Ero lì seduta sulla terrazzina a godermi il sole, con il mio solito cappuccino, durante il mio giorno di riposo, quando entra… Il mio bellissimo (futuro) marito! Tutto grazie a Saverio, un muratore che, durante la sua pausa caffè, ha insistito perché unissimo i nostri tavoli: il suo tavolo, che condivideva con i suoi colleghi e Valerio, e il mio. Il resto è storia.
D: Così rischio di piangere! Siete davvero bellissimi insieme. Che stile genitoriale avete?
T: Mi piace dire che siamo genitori molto Zen, ma la verità è che io faccio molta fatica a imporre una disciplina, e lui ancora di più. È anarchia a casa nostra! Però parlando più seriamente, credo che siamo bravi ad ascoltare, ad accogliere e ad agire. Ma faccio tanti errori, in continuazione. L’ultimo forse è stato credere che come madre dovevo essere una persona speciale in qualche modo, quando in realtà un genitore ordinario è molto più sano. Ordinary and present. È la luce dei figli che deve brillare, non la mia.
D: Ora piango davvero... Se non sbaglio hai due figlie. Cerchi di trasmettere loro la tua passione per lo yoga?
T: Scusa, come? Pronto?? Non sentooo… [ridiamo] È un nobile fallimento il mio! Ci provo e non ci riesco. Mi impegno a piantare yoga samskara7 quando posso, parlando solo della mia esperienza personale, senza forzare. E fino ad ora non vedo grande interessamento. Anche se entrambe usano i mantra, che già per me è un gran successo! Quando, quelle rare volte, le mie figlie vengono al nostro centro yoga, a praticare, è un motivo di celebrazione. Non c’è niente che mi piace di più. Preferiscono comunque gli altri insegnanti! Mi ricordo che mia figlia una volta mi ha detto: “Quando faccio Yoga con te mi viene mal di pancia, da vomitare, quando lo faccio con Ginevra, sto da Dio!”. Le gioie di essere madre. Giuro che di solito lo yoga che insegno non ha questo effetto!! Daria, dì qualcosa!!!
D: Mai avuto mal di pancia durante le lezioni di Tess, anzi se ce l’ho mi passa! [Ridiamo] Addirittura ho pure imparato l’inglese tecnico grazie a te, quando ho iniziato a frequentare il tuo centro facevi le lezioni di yoga in inglese. Come mai hai smesso?
T: Ho smesso durante Covid. Volevo tenere tutte le miei insegnanti, durante quel periodo buio, ma il lavoro non c'era. Così ho diminuito un po’ i miei orari per condividerli con le altre. La mia lezione in inglese era la prima che ho tolto perché era la meno necessaria. Non l’ho re-introdotta perché lavorando meno, ammetto, mi sono abituata e ho più tempo per concentrami su altre cose.
D: Negli anni ti ho sentito parlare delle tue avventure artistiche: dalla pittura (o disegno?) fino alle lezioni di liscio. Hai altre passioni oltre allo yoga e alla filosofia?
T: La ceramica, e di recente tappezzeria sarda! Adoro le tradizioni antiche, soprattutto quelle italiane - quei lavori artigianali senza utilizzo dei macchinari. E l’altra passione è… L’orto, e questo lento trasferimento (parziale!) verso le montagne e la natura.
D: Ti farò una domanda che non ho mai avuto il coraggio di fare per pudore: hai uno stile un’eleganze unici, ho sempre ammirato molto la tua presenza a lezione, non solo per la bellissima energia che porti ma anche per il fascino delle tue scelte estetiche, semplici ma ricercate. Dove trovi i tuoi capi e come li scegli?
T: Quando ho iniziato io lo yoga non c’era questa usanza, un po’ “stile Pantani”, di vestirsi con pantaloni/maglie aderenti per praticare, anche se ne riconosco l’utilità… È più facile intravedere i muscoli e se l'allineamento è corretto. Però io sono un po’ più old-school… Con pantaloni e top larghi, per esempio, mi sento più a mio agio. Ricercate? Questo non lo so. È più comodità e pigrizia la mia… Mi piace mettere vestiti durante la pratica che poi non devo cambiare quando vado al mercato, e fuori con le amiche. Dove li prendo? Nessun posto in particolare… Quando trovo qualcosa che mi piace, faccio fare delle copie ad una sarta. Difficile che scelga un brand specificamente per lo yoga. [Capisci perché l’adoro?! N.d.R]
D: Tess, grazie. Sono davvero molto felice di averti avuta come insegnante per anni, e oggi come ospite.
T: Grazie a te Daria, colgo questa opportunità per ringraziare le miei insegnanti Ginevra, Laura, Silvia, Elena, Cecilia e Gloria8, Paola per quando viene a fare delle sostituzioni e anche Giulia, ultima arrivata! Lotus è quello che è grazie a voi. E forse un pochino anche a mio marito.
D: Salutameli tutti!
Come hai potuto immaginare, negli anni che ho trascorso a Milano durante la mia lunga e faticosa guarigione, LotusPocus è diventato un po’ la mia seconda casa e non solo perché era al piano terra.
Nella tradizione medica occidentale, la guarigione è spesso vista attraverso la lente scientifica: una serie di interventi diagnostici e terapeutici volti a ristabilire l'equilibrio biologico. Le discipline olistiche ci ricordano che la guarigione autentica implica anche l’armonia interiore, l’equilibrio emotivo e la connessione con il nostro sé più profondo. In questo senso, la guarigione diventa un atto di amore verso se stessi, un processo di crescita personale e una riscoperta della propria integrità e completezza, che passa anche attraverso l’incontro con persone speciali. Tess è per me è stata una di queste, anche se forse fino a ora non lo sapeva nemmeno lei.
Se vivi a Milano e vuoi provare lo yoga, sai dove andare. Altrimenti, iscriviti alla sua newsletter: è disponibile in due versioni, una gratuita e una a pagamento in cui trovi anche le video lezioni di Tess. Se vuoi ricevere la versione a pagamento gratuitamente per sei mesi, puoi scrivere una mail a questo indirizzo con oggetto “Articolo di Kundalini Beat”.
Arjuna è uno dei principali personaggi del Mahabharata, uno dei più importanti poemi epici dell'India antica. È uno dei cinque fratelli Pandava e viene celebrato come un grande guerriero e arciere. Uno degli episodi più noti del Mahabharata è il dialogo tra Arjuna e Krishna, suo amico e auriga, che si svolge sul campo di battaglia di Kurukshetra. Questo dialogo costituisce la Bhagavad Gita, un testo sacro dell'induismo. Nella Gita, Krishna consiglia e istruisce Arjuna su vari aspetti della vita, del dharma e della spiritualità.
"Stare fermi è un modo per innamorarsi del mondo e di tutto ciò che contiene.”
Grazie a Tess sono arrivata più preparata alla mia sessione di meditazione Zen in Giappone, come ho raccontato qui
"La brezza della grazia di Dio soffia eternamente, basta solo orientare la vela della tua mente per catturarla."
Filosofa, politologa, scrittrice tedesca, autrice di Le origini del totalitarismo, La banalità del male, e Vita activa
Human predicament è un'espressione inglese che si può tradurre in italiano come "condizione umana" o "dilemma umano". Si riferisce alle sfide, alle difficoltà e alle situazioni complesse che gli esseri umani affrontano nell'esistenza.
In ambito yogico, il termine samskara si riferisce a impressioni mentali, abitudini, o tendenze che si formano a causa delle nostre esperienze passate. Questi samskara influenzano il nostro comportamento, le nostre emozioni e i nostri pensieri, spesso in modo inconscio. Si può tradurre come “semi” comunque :)
Trovi tutte i riferimenti delle insegnanti menzionate a questo link
Grazie per aver condiviso una parte di te e la storia di Tess l’ho letta tutta d’un fiato!
Ho praticato per breve tempo yoga a Milano, poi mi sono dovuto trasferire e non ho trovato più le stesse sensazioni (il centro era quella di Giò Fronti in zona porta Genova ma era il 2006).
Era un periodo molto difficile familiarmente per questioni di salute e mi risuona tutto quello che hai scritto a proposito di cura, non solo del corpo.
Per questo continuo a fare qualche esercizio da solo, pur se con poca continuità, ma spero di riprendere pian piano un buon ritmo.