"Milano è sempre più una città di lusso dove ti puoi permettere di vivere, da “immigrato italiano”, solo se lavori moltissimo, se la tua vita ruota attorno al lavoro, e se per piacere non ti lamenti"
questo vale anche per chi non è immigrato ma pure per chi ci nasce e non viene dal privilegio economico e/o sociale e/o culturale, per chi ci nasce e non fa il CEO ma a vent'anni trova solo lavori precari e no, non vuole vivere a casa con la mamma fino a 40 anni. Era già così prima dell'Expo, prima della hipsterizzazione della città e prima di Sala, ma pure prima di Pisapia.
C'è una specie di cancellazione nel discorso pubblico di chi nasce a Milano e non viene da un'estrazione milanese di generazioni, con le case ereditate che ne conseguono.
I figli di questa Milano qui, chi è cresciuto fuori dalla cerchia della 90, emigra tanto e non da ieri (un sacco della gente della mia età del mio quartiere periferico vive in giro per il mondo da 15 anni almeno) perché altrove in Italia non c'è percezione di molte alternative valide, se hai già tentato Milano di default dove tutti vanno, perché lì ti sei trovato a nascere e studiare.
E infatti, la Lombardia è spesso tra le regioni che più contribuisce ai numeri dell'AIRE, non da oggi.
Scusa il pippone ma è un tema che mi sta a cuore, perché come persona cresciuta in periferia a Milano la narrazione di Milano come difficile solo per chi ci emigra è... Incompleta. È difficile anche per chi ci nasce e non è ricco, e nemmeno ilsoleeilnostromare idealizzati dell'infanzia X possiamo rimpiangere 😂
un saluto da Kuala Lumpur 🥭adesso mi guardo altri tuoi post. Substack, l'unica app dove l'algoritmo ti fa dire, ah dai? (Se non finisci nei posti sbagliati)
Grazie mille Paola, punto di vista fondamentale per integrare questa narrazione! Niente da aggiungere, grazie al tuo commento non trascurerò più prospettive come la tua.
Grazie mille per aver ripostato questa piccola chiacchierata. Quello di chi nasce a Milano e non è figlio della Milano bene (io sono figlia di una milanese figlia di operai e di un romano senza padre immigrato 16 anni con lo scopo di mantenere anche sua madre, che poi hanno lavorato bene e potuto comprare casa, per loro fortuna) è un punto di vista trascurato secondo me perché chi va in un posto da adulto forse lo vede in modo più critico di chi ci cresce e basta 🤔
Se ti interessa questa prospettiva, nel numero di The Passseger Iperborea su Milano Paolo Cognetti parla proprio di questo (e ho scoperto che io e Paolo Cognetti siamo cresciuti a poche centinaia di km l'uno dall'altra)
Ha risuonato molto questo pezzo, in modo particolare perché da originaria della Brianza, da sempre gravitante su Milano, mi sono trasferita a Roma, in una dimensione diversa effettivamente, ma che dopo il covid si è guastata, almeno per me. Di sicuro per l'overtourism che da settembre 2022 è insopportabile, ma probabilmente anche perché quello che mi ha portato via da Milano non si è risolto del tutto approdando a Roma. Anche se non tornerei a Milano, proprio no.
Ciao Daria, complimenti per quest'approfondimento. Uno dei più completi tra i tanti, tantissimi (mai abbastanza) su questo tema. Mettere in luce tutti i diversi punti del problema (centralità tossica del lavoro, costi, ecc) sono il motivo che sta effettivamente svuotando la città.
Grazie Stefania, sono stati mesi tortuosi, perché è stato un processo doloroso ammettere che Milano non era più "ospitale" come l'ho sempre percepita, nonostante tutto, da quando mi sono spostata per studiare. Ma come hai notato tu, la questione ha talmente tante implicazioni che ho dovuto per forza guardare in faccia la realtà. C'è chi dice "coraggio", c'è chi dice "amore proprio": sono vere entrambe le cose, ma ci vuole anche un po' di incoscienza. Ciao!
"Milano è sempre più una città di lusso dove ti puoi permettere di vivere, da “immigrato italiano”, solo se lavori moltissimo, se la tua vita ruota attorno al lavoro, e se per piacere non ti lamenti"
questo vale anche per chi non è immigrato ma pure per chi ci nasce e non viene dal privilegio economico e/o sociale e/o culturale, per chi ci nasce e non fa il CEO ma a vent'anni trova solo lavori precari e no, non vuole vivere a casa con la mamma fino a 40 anni. Era già così prima dell'Expo, prima della hipsterizzazione della città e prima di Sala, ma pure prima di Pisapia.
C'è una specie di cancellazione nel discorso pubblico di chi nasce a Milano e non viene da un'estrazione milanese di generazioni, con le case ereditate che ne conseguono.
I figli di questa Milano qui, chi è cresciuto fuori dalla cerchia della 90, emigra tanto e non da ieri (un sacco della gente della mia età del mio quartiere periferico vive in giro per il mondo da 15 anni almeno) perché altrove in Italia non c'è percezione di molte alternative valide, se hai già tentato Milano di default dove tutti vanno, perché lì ti sei trovato a nascere e studiare.
E infatti, la Lombardia è spesso tra le regioni che più contribuisce ai numeri dell'AIRE, non da oggi.
Scusa il pippone ma è un tema che mi sta a cuore, perché come persona cresciuta in periferia a Milano la narrazione di Milano come difficile solo per chi ci emigra è... Incompleta. È difficile anche per chi ci nasce e non è ricco, e nemmeno ilsoleeilnostromare idealizzati dell'infanzia X possiamo rimpiangere 😂
un saluto da Kuala Lumpur 🥭adesso mi guardo altri tuoi post. Substack, l'unica app dove l'algoritmo ti fa dire, ah dai? (Se non finisci nei posti sbagliati)
Grazie mille Paola, punto di vista fondamentale per integrare questa narrazione! Niente da aggiungere, grazie al tuo commento non trascurerò più prospettive come la tua.
Grazie mille per aver ripostato questa piccola chiacchierata. Quello di chi nasce a Milano e non è figlio della Milano bene (io sono figlia di una milanese figlia di operai e di un romano senza padre immigrato 16 anni con lo scopo di mantenere anche sua madre, che poi hanno lavorato bene e potuto comprare casa, per loro fortuna) è un punto di vista trascurato secondo me perché chi va in un posto da adulto forse lo vede in modo più critico di chi ci cresce e basta 🤔
Se ti interessa questa prospettiva, nel numero di The Passseger Iperborea su Milano Paolo Cognetti parla proprio di questo (e ho scoperto che io e Paolo Cognetti siamo cresciuti a poche centinaia di km l'uno dall'altra)
Ha risuonato molto questo pezzo, in modo particolare perché da originaria della Brianza, da sempre gravitante su Milano, mi sono trasferita a Roma, in una dimensione diversa effettivamente, ma che dopo il covid si è guastata, almeno per me. Di sicuro per l'overtourism che da settembre 2022 è insopportabile, ma probabilmente anche perché quello che mi ha portato via da Milano non si è risolto del tutto approdando a Roma. Anche se non tornerei a Milano, proprio no.
Grazie della condivisione Stefania, ti auguro ti trovare l'equilibrio adatto a te, di certo non ce lo regalano, va costruito
Ho recuperato solo oggi questo tuo post e devo dirti grazie per due ragioni.
La prima è che ho scritto anche io qualcosa di simile nel mio ultimo articolo dedicato al trend dei side hustles, ma tu l’hai fatto prima e meglio 😂
La seconda è che mi hai trasmesso davvero tanta energia per continuare il mio percorso per costruire la mia dimensione dentro (o fuori) Milano.
Grazie
Corro a leggere allora :) Grazie Samuele 🙏🏼
Ciao Daria, complimenti per quest'approfondimento. Uno dei più completi tra i tanti, tantissimi (mai abbastanza) su questo tema. Mettere in luce tutti i diversi punti del problema (centralità tossica del lavoro, costi, ecc) sono il motivo che sta effettivamente svuotando la città.
Un saluto!
Grazie Stefania, sono stati mesi tortuosi, perché è stato un processo doloroso ammettere che Milano non era più "ospitale" come l'ho sempre percepita, nonostante tutto, da quando mi sono spostata per studiare. Ma come hai notato tu, la questione ha talmente tante implicazioni che ho dovuto per forza guardare in faccia la realtà. C'è chi dice "coraggio", c'è chi dice "amore proprio": sono vere entrambe le cose, ma ci vuole anche un po' di incoscienza. Ciao!
A volte incoscienza è solo un altro nome per intuito! Un saluto