Ciao, come va?
Io sono in Italia e sto attraversando quello che indiscutibilmente è il culture shock peggiore che io abbia mai provato fino a ora, in confronto a Tokyo stavo nel chill. Sarà che “come vivi una destinazione dipende dal luogo di partenza", cito
nell’episodio di Latitudini e attitudini emotive, e tornare da dove sei venuto crea un cortocircuito emotivo, ma sento di non essere ancora pronta a condividere una riflessione pubblica perché ho in me tante spinte contraddittorie e sento di dover sciogliere un po’ di nodi prima di trarre qualsivoglia conclusione e prepararmi ad affrontare il prossimo capitolo. Pertanto, divago discettando di argomenti fantascientifici che tanto fantascientifici non sono, ma almeno non fingo di non stare divagando e ridimensiono i miei problemi - tu chiamalo se vuoi benaltrismo.Dopo lo scorso episodio di questa newsletter, Smaterializzarsi, ho discusso con alcune persone di quanto fosse un dibattito realistico o urgente quello sui dispositivi che implicano la separazione tra identità personale e persona fisica. Allora mi sono chiesta: ma tu lo sapevi che oggi con 50.000 dollari puoi clonare il tuo cane? Mi sembra il caso di parlarne.
Ti ricordi la pecora Dolly?
Il 5 luglio 1996, in Scozia, un belato acuto ha squarciato il silenzio delle Highlands, un belato che qualche mese dopo, il 22 febbraio 1997, avrebbe scioccato il mondo intero. Nei laboratori del Roslin Institute, grazie a un gruppo di ricerca guidato da Ian Wilmut, la scienza compì un salto rivoluzionario: nacque la pecora Dolly, il primo mammifero clonato a partire da una cellula somatica adulta.
Le cellule somatiche sono tutte le cellule del corpo tranne quelle sessuali (ovuli e spermatozoi). Una cellula somatica adulta è già differenziata, ovvero ha una funzione specifica all'interno del corpo - nel caso di Dolly, la cellula somatica utilizzata proveniva dalla ghiandola mammaria. Diversamente delle cellule embrionali, che possono diventare qualsiasi tipo di cellula, quelle somatiche adulte hanno un destino biologico già definito.
Con Dolly, per la prima volta, si prelevò il nucleo di una cellula somatica già adulta e lo si inserì in una cellula uovo privata del proprio. Questo processo riavviò lo sviluppo dell’ovulo come se fosse un embrione naturale, portando alla nascita di un clone geneticamente identico all'animale da cui proveniva la cellula somatica.
Il fatto di poter clonare un intero organismo a partire da una cellula già differenziata, dimostrava che il nucleo di una cellula somatica adulta conteneva ancora tutte le informazioni genetiche necessarie per creare un organismo completo, caratteristica che prima si riconosceva solo alle le cellule embrionali.
La scienza festeggiava il trionfo, ma il mondo si trovava di fronte a dilemmi etici inediti, chiedendosi se denunciare il varco di una soglia proibita e pericolosa o celebrare l’apertura di una nuova strada verso cure miracolose.
Il processo di clonazione di Dolly richiese centinaia di tentativi falliti, sollevando dubbi sull'elevato tasso di insuccesso e sugli effetti a lungo termine sulla salute degli animali clonati. Dolly sviluppò problemi di salute precoci e morì a soli sei anni, età relativamente giovane per una pecora, che in media vive il doppio. Mentre le questioni riguardanti la sofferenza degli animali clonati e la loro qualità della vita suscitavano orrore, dal punto di vista medico, la clonazione ha aperto la strada a nuove possibilità, come la clonazione terapeutica, che mira a creare organi o tessuti da utilizzare per trapianti senza il rischio di rigetto.
Ma il vero dibattito si concentrò sulla legittimità o meno di applicare questa tecnologia agli esseri umani1.
Molti hanno iniziato a temere che la clonazione umana potesse portare a un mondo in cui le persone vengono create su misura e usate per scopi specifici, sollevando preoccupazioni sulla dignità umana, la libertà, i diritti universali.
Negli anni 2000, il dibattito si è spostato sulla differenza tra clonazione riproduttiva (per creare un organismo completo) e clonazione terapeutica (per curare malattie), e sulla possibilità di usare cellule staminali embrionali per curare malattie degenerative, come il Parkinson e il diabete. L'uso di embrioni per la ricerca ha però suscitato controversie etiche, soprattutto dove l'embrione è considerato una vita umana. In risposta a questi sviluppi, molti Paesi hanno emanato leggi che limitano o vietano la clonazione umana, sia riproduttiva che terapeutica. Ad esempio, l'Unione Europea ha imposto una moratoria sulla clonazione di animali per la produzione alimentare, mentre negli Stati Uniti il dibattito si è concentrato sulla regolamentazione della clonazione terapeutica e sulle ricerche con le cellule staminali.
A Dubai si clonano i cammelli più belli per competere nei concorsi di bellezza (CNN) e in Argentina si clonano i cavalli campioni di polo (WP). In Cina clonano le scimmie (SciAm). Questo articolo del Mit Technology Review spiega come la nuova frontiera della scienza non sia più la clonazione, ma la creazione di embrioni sintetici che permetterebbe una riproduzione su larga scala degli animali, con applicazioni sia nell’allevamento che nella salvaguardia delle specie in via di estinzione.
Tu cloneresti il tuo cane?
Barbra Streisand lo ha fatto nel 2017: ha fatto clonare il suo cane. In un’intervista rilasciata a Variety, Streisand spiegò che, sebbene i cani clonati fossero geneticamente identici all’originale, mostravano personalità differenti rispetto all’originale:
"Hanno personalità diverse. Sto aspettando che crescano per vedere se avranno i suoi occhi marroni e la sua serietà.”2 (Barbra Streisand)
Questo fenomeno è scientificamente comprensibile oltre che intuitivamente ovvio, poiché la personalità di un animale non è determinata esclusivamente dal suo patrimonio genetico. Sebbene i cloni condividano lo stesso DNA, il comportamento e il temperamento di un cane sono profondamente influenzati da fattori ambientali, come le relazioni sociali, l'educazione e l'esperienza individuale. Il processo di clonazione riproduce l'identità genetica, ma non può replicare l'epigenetica3 e le interazioni uniche con l’ambiente che modellano lo sviluppo comportamentale di un animale, aspetti impossibili da ricreare artificialmente in laboratorio.
Eppure, è anche possibile che animali geneticamente identici, cresciuti dallo stesso proprietario, nello stesso ambiente, possano finire per mostrare comportamenti familiari—o almeno che i proprietari interpretino i loro comportamenti come simili.
La giornalista Chiara Dello Joio ha scritto per The Atlantic un pezzo dal titolo Are Pet Cloners Happy With Their Choice? in cui racconta la storia di West Westmoreland, il titolare di un’azienda di costruzioni in Florida che ha fatto clonare il suo cane Peanut. Westmoreland è tetraplegico e utilizza una sedia a rotelle, Peanut era il suo cane da assistenza: passava la maggior parte del tempo in grembo a lui e lo accompagnava agli appuntamenti medici. Quando è morto, a 13 anni, Westmoreland ne è uscito devastato. Alcuni mesi dopo, quando ha portato a casa Peanut II, il clone ha assunto lo stesso ruolo di caregiver del suo predecessore. Appena ha potuto raggiungere i pedali e arrampicarsi sulle sue gambe, ha iniziato a passare moltissimo tempo sulla sua sedia a rotelle, senza volerlo mai perdere di vista.
"È come avere lo stesso cane. È incredibile." (West Westmoreland)
In questi casi, è evidente che un clone è essenzialmente un tentativo di ingannare la morte che può assumere quanti più significati riusciamo a immaginare: dalla fissazione affettiva al rifiuto di elaborare il lutto, dalla negazione della perdita a una fantasia di immortalità, fino al delirio di onnipotenza.
L’uomo tenta di spostare il proprio limite sempre più in là da quando ne abbiamo traccia, usando la tecnica per interferire con la natura. Adamo ed Eva, Icaro e Prometeo, Faust e Frankenstein… La letteratura è piena di queste figure. Il problema è che, adesso, ciò che prima sembrava “solo” mitologia o fantascienza, è realtà: si può fare. E questa è una ragione sufficiente per farlo, è sempre più inutile negarlo: le regole nell’età della tecnica non servono a niente, se non a ridurre l’accesso ai benefici a una cerchia di privilegiati.
Almeno da Heidegger in poi, non è più possibile parlare di tecnologia come di un mezzo, un mero strumento nelle mani dell’uomo, che può essere positivo o negativo in base allo scopo per cui si utilizza. Per quanto possa sembrare un’intuizione di buon senso, credo riveli un’ingenuità ormai non più innocente: l’innovazione tecnologica è il paradigma dominante di interpretazione e gestione della realtà, è mezzo e fine insieme, e grazie a questa identità si sviluppa in modo esponenziale, indipendente dal beneficio o dai rischi per l'umanità.
Per Heidegger, la tecnica è una forma di svelamento dell'essere e, quindi, una modalità attraverso cui l'uomo si rapporta al mondo (e all'Essere stesso). Come si interpreta il mondo, la natura, attraverso questa modalità? Come una risorse disponibile, cioè come qualcosa che è lì solo per essere sfruttato, manipolato e messo a disposizione (La questione della tecnica, 1955).
Emanuele Severino, su posizione diametralmente opposte a quelle di Heidegger sul piano ontologico, arriva a conclusioni sulla tecnica che fanno riflettere nella stessa direzione: la tecnica è il culmine del nichilismo occidentale, che interpreta l’essere come suscettibile di essere e di non essere, il che secondo Severino è la negazione della tautologia fondamentale ed esprime una volontà di dominio senza limiti (Destino della tecnica, 2007)
La tecnica non è definitivamente più un modo in cui l'uomo collabora con la natura, ma un modo di dominarla, assoggettarla, distruggerla.
Ma quando la tecnica sfida apertamente i limiti della natura, il rischio per l’uomo è enorme: l’uomo è natura. Alienandosi dalla natura, si aliena da se stesso. And nature fights back. O, con le parole di Eschilo, la tecnica è di gran lunga più debole della necessità4.
Oltre quei limiti non c’è più l’uomo. Forse c’è il prossimo step della sua evoluzione, e verremo sostituiti dai robot, o forse c’è una conflagrazione che chiuderà un ciclo dell’universo, e se ne aprirà un altro. Se ti interessa questo scenario, ti consiglio un libro: Miti e simboli dell’India, di Heinrich Zimmer. Old but gold.
Parlando di Miss Violet e Miss Scarlett, due cani di razza Coton de Tulear, cloni della sua amata Samantha, morta nel 2017 all'età di 14 anni.
L'epigenetica riguarda i cambiamenti nell'attività dei geni (cioè se vengono "accesi" o "spenti") che sono influenzati da fattori ambientali, comportamentali o fisiologici, senza modificare il codice genetico sottostante.
Eschilo, Prometeo Incatenato, 460 a.C. circa. Poi Natoli, Galimberti etc.
Ho votato "ho clonato il mio cane" non perché abbia clonato il mio cane, ma perché sono al corrente che si possa fare da che ho scoperto che il presidente argentino lo ha fatto, e pure in sette copie – quando il mio compagno (argentino) me lo aveva detto, pensavo che mi stesse prendendo per i fondelli, e invece pare fosse vero 😅
Onorata di essere nominata nello stesso spazio mentale della illustrissima pecora Dolly.
Se vuoi parlare in privato di ritorni, shock culturale e identità fluttuanti, per me sono pane di riflessione quotidiana come sai, quindi, ben volentieri. A volte chiacchierare aiuta a mettere in ordine le idee. Nel caso... Scrivimi!
Io sono fuori da 16 anni e non ho mai fatto quella cosa del tornare-tornare, in Italia, sono sempre andata in visita. Ma una cosa che mi sono sempre detta è che, se mai lo dovessi o volessi fare, forse mi aiuterebbe molto vederlo come un nuovo espatrio, più che come un ritorno, perché di fatto mentre noi siamo via il mondo e le persone che lo animano vanno avanti. Magari può essere una prospettiva che ti aiuta.
Un abbraccio
Hai tutta la mia comprensione e attendo la newsletter “Non tornare a casa” 😂